Franco Maresco e il bilancio della rassegna Io e il Jazz

Scopri il bilancio di Franco Maresco sulla rassegna Io e il Jazz, un evento che ha unito cinema e musica.

Il successo della rassegna Io e il Jazz

La rassegna Io e il Jazz, curata da Franco Maresco, si è conclusa lo scorso 30 aprile, riscuotendo un notevole successo di pubblico. L’evento, organizzato da The Brass Group, ha offerto undici incontri che hanno esplorato le intersezioni tra cinema e jazz, riflettendo sull’immaginario sonoro che ha caratterizzato l’opera di Maresco fin dagli anni ’70. Durante la chiusura della rassegna, Maresco ha condiviso le sue impressioni sul lavoro svolto e sull’importanza del jazz come forma d’arte.

Un bilancio positivo

Nella sua intervista, Maresco ha espresso la sua soddisfazione per l’affluenza del pubblico, un elemento che non si aspettava. “È stato gratificante vedere l’interesse del pubblico” ha commentato. “Ogni serata era caratterizzata da un’atmosfera di curiosità e attenzione nei miei racconti.” Questo successo è attribuibile anche alla collaborazione con Ignazio Garsia, che ha fornito uno splendido spazio per gli eventi, il teatro Santa Cecilia. Maresco ha sottolineato come Palermo e le sue istituzioni siano spesso indifferenti al suo lavoro, rendendo ancora più preziosa questa opportunità.

Jazz e cinema, un legame indissolubile

Durante l’ultimo incontro della rassegna, Maresco ha approfondito il legame tra jazz e televisione, sottolineando l’importanza storica di questo rapporto. “Il jazz e il cinema sono coetanei” ha affermato. “Entrambi rappresentano due delle più grandi invenzioni artistiche del Novecento.” Attraverso il cinema, il pubblico ha potuto assistere a performance storiche di artisti come Duke Ellington, mentre la televisione ha ampliato ulteriormente la diffusione del jazz, con programmi iconici come The Sound Of Jazz.

Il jazz in Italia

In Italia, il jazz ha avuto un ruolo di primo piano nella programmazione televisiva. Maresco ha ricordato i varietà del sabato sera, dove orchestre di Roma e Milano presentavano musicisti eccezionali. “Il pubblico era affezionato ai direttori delle orchestre e ai solisti” ha detto, evidenziando figure come Franco Cerri, un chitarrista jazz di fama mondiale. Tuttavia, si è chiesto come mai oggi questa tradizione sembri scomparsa, lasciando spazio a una cultura musicale meno ricca.

Collaborazioni e ringraziamenti

Nel corso della rassegna, Maresco ha avuto l’opportunità di collaborare con diversi artisti, tra cui Fulvio Baglivi, che ha contribuito al bilancio finale degli incontri. Maresco ha voluto sottolineare l’importanza dei musicisti che hanno reso possibili queste serate, come Salvatore Bonafede e Vito Giordano. “Sono tra i migliori musicisti italiani ed europei, ed è stato un onore lavorare con loro”, ha dichiarato. L’interazione con il pubblico è stata fondamentale, e Maresco ha espresso il desiderio di continuare a collaborare con questi talenti.

La passione per il jazz

Franco Maresco, che si definisce un “pianista mancato”, ha condiviso la sua ammirazione per diversi pianisti jazz, tra cui Duke Ellington e Thelonious Monk. “Se non avessi avuto delle nevrosi, avrei voluto suonare il jazz come Bill Evans”, ha affermato. Ha anche citato Phineas Newborn come uno dei suoi pianisti preferiti, sottolineando la sua grandezza e la tecnica impressionante, spesso sottovalutata. “La sua musica è profonda e toccante”, ha concluso.

Definizione di jazz

Alla domanda su cosa sia il jazz, Maresco ha citato un aneddoto con Tony Scott, il quale, pur essendo un esperto, non ha mai trovato una risposta definitiva. “Forse il jazz è qualcosa che non può essere definito”, ha detto Maresco, richiamando il celebre brano It Don’t Mean A Thing (If It Ain’t Got That Swing) di Duke Ellington come esempio di essenza jazzistica.

Scritto da Staff

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