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Immaginate di trovarvi in una sala cinematografica, pronti a gustarvi un film che promette di unire il brivido dello slasher con la dolcezza di una commedia romantica. Ecco, già qui si affaccia il primo problema: Heart Eyes. Appuntamento con la morte sembra una di quelle idee che nascono nei peggiori incubi di un produttore disperato, ma che, incredibilmente, riescono pure a trovare la luce del giorno. È davvero così difficile capire che l’originalità è un concetto estinto ormai?
Il killer innamorato: una premessa che sa di già visto
Heart Eyes, il killer dei cuori infranti, colpisce nel giorno di San Valentino. Ma chi credete che si preoccupi di questa premessa? Le premesse affascinano, sì, ma solo se sono accompagnate da un contesto che le faccia brillare. Qui, ci troviamo di fronte a un’accozzaglia di cliché che sembrano tirati fuori da un vecchio manuale di sceneggiatura. Ally e Jay, due pubblicitari, si trovano a fuggire da questo maniaco, ma nel mentre scoprono di amarsi. Oh, la dolce ironia! Ma chi se ne frega della chimica se il film sembra più interessato a sfoggiare il suo ego che a costruire una storia coerente?
Satira o semplice scusante per la mancanza di contenuti?
Il film di Josh Ruben si atteggia a satira dell’American Way of Life, ma ciò che emerge è una confusione totale. La satira è un’arte, non una scusa per coprire la mancanza di sostanza. La pubblicità gestita da Ally, che si rifà al killer, è un esempio lampante di come il film cerchi di cavalcare la moda del momento, senza mai affondare il coltello nel burro. E non parliamo della paranoia che pervade i servizi giornalistici sul killer. Sì, è tutto molto “meta”, ma dove sono le idee? Si gioca con il linguaggio, certo, ma il risultato è un vuoto pneumatico.
Un film che non sa dove andare
La struttura narrativa di Heart Eyes è un po’ come un matrimonio andato male: si cerca di tirare avanti, ma il risultato è ridicolo. Ruben si limita a mettere insieme stoccate stilistiche senza un briciolo di visione a lungo termine. La chimica tra i protagonisti è più debole di un bicchiere d’acqua, e i tentativi di esplorare un universo che si crede innovativo si arenano in un mare di banalità. La verità è che il film fatica a trovare un’identità, e a quel punto, perché non restituire il biglietto?
La nostalgia di un’epoca che non tornerà
Heart Eyes si muove in un contesto che è già datato, e se non se ne rendono conto, allora siamo messi male. È come se Ruben avesse deciso di riportare in vita un cadavere, senza capire che quel cadavere era già un meme. E quando, alla fine, tenta di emulare i colpi di scena di Craven, non si accorge che nessuno sta più ascoltando. Ecco, è questo il punto: un film che si crede furbo ma che in realtà è solo un’eco stanca di ciò che è stato. Un tentativo di riavvicinarsi a un pubblico giovane, ma senza alcuna consapevolezza di cosa voglia realmente.