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Che dire, ci troviamo di fronte a un’opera che cerca di dare uno schiaffo in faccia alla realtà, ma finisce per riflettere solo il suo misero riflesso. 2073, il film di Asif Kapadia, ci gioca con la visione di un futuro dove la democrazia è un ricordo sbiadito, e l’umanità è ridotta a un gruppo di pecore smarrite. In un mondo in cui la violenza e la corruzione sembrano regnare sovrane, ci si chiede: cosa ci riserverà il domani? Ci sono incendi, alluvioni, coprifuochi, una vera e propria apocalisse in salsa moderna. E voi, lettori, vi sentite al sicuro? Scommetto di no.
Un futuro insostenibile
La trama ci porta a San Francisco nel 2073, un paesaggio desolato dove Ghost vive in isolamento. Un nome che dice tutto, non credete? Questo tizio è testimone di un futuro da incubo: regimi totalitari, sorveglianza ovunque e una libertà che è diventata un concetto astratto. Ma andiamo, come possiamo restare indifferenti di fronte a una realtà del genere? La voce narrante ci guida in questo labirinto di orrori, come un moderno Virgilio in un viaggio nei gironi dell’inferno politico. E chi ha paura di scherzare con la verità? Non certo Kapadia, che si diverte a mettere in risalto le conseguenze delle scelte politiche dei nostri giorni.
Kapadia non si limita a raccontare; ci fa riflettere. Il film è un collage di immagini che saltano tra passato e presente, un po’ come il vostro scozzese amico che racconta storie di gioventù con un paio di birre nel sangue. La sua narrazione si ispira a La jetée di Chris Marker, ma con un ritmo che fa girare la testa. Purtroppo, però, la frenesia del montaggio finisce per rendere il messaggio poco chiaro. È come se stesse cercando di affogare il pubblico in un mare di immagini senza mai dargli una ciambella di salvataggio. E chi non ama un buon naufragio, giusto?
Un’inchiesta schizoide
Ma non è tutto qui. Il film affonda le radici nel sistema di menzogna e corruzione che ha portato alla Brexit e non si fa scrupoli a mettere in discussione anche i recenti sviluppi politici in Italia, Germania e Francia. Insomma, una bella minestra riscaldata che fa rizzare i capelli. La critica è aspra, e anzi, potremmo dire che è una vera e propria bastonata sulle spalle di chi continua a ignorare i segnali di allerta. La società è in crisi, e voi vi state ancora chiedendo se è il momento giusto per comprare quel nuovo smartphone? Davvero? Un po’ di autocritica non guasterebbe.
Un film che tradisce le aspettative
Eppure, nonostante le premesse altisonanti e le immagini che si susseguono a ritmo serrato, 2073 rischia di girare a vuoto. È come se il regista avesse perso il controllo della sua creazione. Il simbolismo è di maniera e il montaggio frenetico finisce per soffocare le emozioni autentiche. E Samantha Morton, che interpretazione! Ma che dire, a volte è meglio non aggiungere nulla piuttosto che rovinarlo ulteriormente. Un peccato, perché Kapadia ha dimostrato di saper raccontare storie incredibili, eppure qui si è arenato in un’acqua stagnante.
Conclusioni?
In fondo, ci rimane una domanda: stiamo assistendo alla nascita di un cinema fatto solo dall’intelligenza artificiale? O forse è semplicemente la rappresentazione di un’umanità che ha smarrito il senso di sé? 2073 è un film che si propone di scuotere le coscienze, ma alla fine lascia solo un vago senso di disillusione. La prossima volta, speriamo di vedere qualcosa che non ci faccia rimpiangere il buono, vecchio cinema di un tempo. Ma chi sono io per dirlo? Forse un semplice spettatore in questo teatro dell’assurdo che è diventata la nostra realtà.