Io sono tuo padre di Mathieu Vadepied: l’emancipazione dei figli e gli orrori della guerra

Il racconto intimo del rapporto fra un padre e un figlio si mescola con la narrazione storica legata alle trincee francesi nel 1917. Il nuovo film di Mathieu Vadepied con protagonista Omar Sy uscirà nelle sale italiane dal 24 agosto.

Il secondo lungometraggio del regista francese Mathieu Vadepied esplora il rapporto padre e figlio nell’orrorifico scenario della Prima Guerra Mondiale. In sala dal 24 agosto.

Io sono tuo padre di Mathieu Vadepied: la trama

Senegal, 1917. Bakary Diallo (Omar Sy) è costretto ad arruolarsi nell’esercito francese per proteggere il figlio diciassettenne Thierno (Alassane Diong), che è stato reclutato a forza. I due vengono mandati al fronte, insieme agli altri soldati delle colonie, con la promessa che otterranno la cittadinanza francese per i loro meriti militari. Quando il ragazzo riuscirà a conquistare la fiducia del loro comandante, il rapporto con il padre sarà messo a dura prova e per il protagonista sarà più difficile riuscire a portare via il figlio dal fronte.

La brutalità francese

Il film, presentato in apertura della sezione Un Certain Regard della selezione ufficiale del Festival di Cannes 2022, è una coproduzione franco-senegalese.

Il pilastro su cui si regge Io sono tuo padre è l’interpretazione eccellente di Omar Sy, che indossa le vesti anche di co-produttore. La struttura narrativa è, infatti, estremamente lineare e concreta. La forza delle interpretazioni degli attori, in particolar modo del protagonista, è ciò che rende il film potente nel trasmettere il messaggio di critica della brutalità del colonialismo francese.

Vadepied mostra la crudeltà della Francia nel primo conflitto mondiale, che strappa i giovani africani dalle loro famiglie per trascinarli in una guerra che non appartiene loro. Le vicende sono esplorate interamente dal punto di vista delle reclute provenienti da Senegal, Sudan e dalla Guinea.

Le scene d’azione sono ben gestite dal regista, che si avvicina con la macchina da presa ai volti spaventati dei personaggi, catturandone la confusione e la paura.

La colonna sonora di Alexander Desplat accompagna il racconto crudo di questa violenza, fotografata in maniera cupa da Luis Armando Arteaga.

L’emancipazione dei figli

Il punto centrale del film, tuttavia, non è tanto il conflitto mondiale, quanto il conflitto padre-figlio. Vadepied, infatti, pone l’accento sull’emancipazione di Thierno: “Volevamo toccare questioni universali attraverso una storia intima. E l’universalità della nostra storia sta nel rapporto tra padre e figlio. Il nucleo della drammaturgia del nostro film ruota attorno a una questione: il punto di svolta, quando l’autorità del padre viene minata da quella del figlio”.

Il regista ha dichiarato di aver cercato di trovare un equilibrio fra l’epica storica e lo studio intimista, per questo la narrazione risulta molto umana, lasciando sullo sfondo il sangue e la polvere da sparo, che rimangono in ogni caso una presenza pesante, senza essere oppressiva.

Il valore educativo del film

Come afferma lo stesso Omar Sy, Io sono tuo padre vuole far conoscere l’esperienza, troppo poco nota, dei soldati africani: “Far ascoltare questa storia al maggior numero di persone è la nostra sfida più grande. E speriamo che siano toccate da questa storia “personale” inserita nella Storia con la S maiuscola. Dovrebbe avere un valore educativo. Ammettiamo liberamente il suo scopo pedagogico”.

Si tratta di un racconto che vuole far riflettere su un punto di vista poco esplorato, teso anche a rendere omaggio a vicende di cui non si parla mai quando si considera il contesto della Prima Guerra Mondiale.

La celebrazione finale ai combattenti delle colonie conclude il lungometraggio di Vadepied su una nota più sentimentale: “È un film di finzione, soprattutto per quanto riguarda il finale, che rimane ambizioso senza ridursi a una dichiarazione di facciata, gratuitamente provocatoria o divisiva”.

E se il Milite Ignoto sepolto sotto l’Arco di Trionfo a Parigi fosse un soldato senegalese? “Perché no”, risponderebbero Omar Sy e Mathieu Vadepied.

Scritto da Sofia Granata

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