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In occasione della diciottesima edizione del festival dedicato al cinema iberoamericano, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare la regista di “Reinas”, un’opera che si distingue per la sua profonda connessione con le esperienze personali e il contesto storico del Perù degli anni ’90. Presentato in anteprima al Sundance e ora candidato agli Oscar 2025 come miglior film internazionale, “Reinas” non è solo una narrazione cinematografica, ma un viaggio emotivo che invita a riflettere sulle partenze e i legami familiari.
Il legame tra vita personale e narrazione cinematografica
La regista ci racconta che, sebbene non volesse realizzare un film autobiografico nel senso stretto del termine, ha comunque inserito nel racconto un forte senso di memoria emotiva. Cresciuta in Perù, ha vissuto in prima persona le esperienze di separazione e migrazione. La sua infanzia è stata segnata da momenti di grande cambiamento, come la partenza per la Svizzera a soli dieci anni. “Le partenze non sono estranee a me”, spiega, sottolineando che il film è intriso di sentimenti che conosce bene, pur mantenendo una distanza dalla pura autobiografia.
Un contesto storico ricco di significato
“Reinas” si svolge in un periodo cruciale per il Perù, un contesto che ha influenzato profondamente le vite dei suoi personaggi. La regista ha scelto di ambientare la sua storia negli anni ’90, un’epoca di tensione politica e sociale. “Non volevo fare un film politico”, afferma, “ma non potevo ignorare il contesto in cui la mia famiglia viveva”. La storia di due sorelle che si preparano a lasciare il paese per riabbracciare un padre quasi sconosciuto è intrinsecamente legata a un periodo di transizione e crisi, rendendo il racconto ancora più toccante.
La figura paterna e il machismo
Nel film, il padre rappresenta un simbolo della nazione in crisi, schiacciato dalle aspettative culturali e da una società che misura il valore di un uomo attraverso la sua capacità di provvedere. La regista esplora la complessità di questo personaggio, rendendolo atipico rispetto agli stereotipi comuni. “Volevo mostrare un padre che, pur avendo una presenza fragile, rappresenta un legame fondamentale per le figlie”, commenta. Questo approccio permette di mettere in luce anche la figura materna, che si fa carico delle responsabilità e dei sacrifici per garantire un futuro migliore.
Un viaggio tra memoria e spiritualità
Uno degli elementi più affascinanti di “Reinas” è l’incorporazione del soprannaturale, con la presenza di un fantasma che funge da legame tra passato e presente. “Non avrei potuto ambientare il film in Perù senza includere un fantasma”, racconta la regista, enfatizzando come nella cultura peruviana i fantasmi siano considerati parte della vita quotidiana. Questo elemento sottile e intimo arricchisce ulteriormente la narrazione, rendendo omaggio alla memoria dei legami familiari che continuano a vivere anche dopo la morte.
La casa come entità viva
Una scena chiave del film mostra i personaggi mentre salutano la loro casa, un gesto che assume un significato profondo. “Le case non sono solo luoghi fisici, ma entità che ci proteggono e accolgono”, afferma la regista. Il saluto alla casa rappresenta un modo per chiudere un ciclo e riconoscere l’importanza dei legami che ci uniscono ai luoghi e alle persone. Questo gesto è emblematico della cultura peruviana, dove il rispetto per il passato è fondamentale.
Un percorso di successo nei festival internazionali
Il film ha ottenuto un’accoglienza entusiasta nei festival internazionali, da Sundance a Berlino, fino a Locarno. La regista condivide le sue emozioni riguardo questo percorso, che è stato ricco di sorprese e sfide. “Essere selezionati tra oltre 7.000 film al Sundance è stata una gioia immensa”, racconta. Il riconoscimento del premio Quartz e la selezione come rappresentante svizzero agli Oscar sono traguardi significativi, specialmente per un film in lingua spagnola girato a Lima.
Il ritorno a Lima e la connessione con il pubblico
Presentare il film a Lima ha rappresentato per la regista un momento di grande importanza. “L’accoglienza è stata fenomenale, la gente ha riso e pianto”, dice con emozione. Questo legame con il pubblico, che si è sentito parte della storia, ha reso l’esperienza ancora più preziosa. La regista ha potuto ascoltare le testimonianze di coloro che hanno vissuto esperienze simili, creando un momento di condivisione e intimità che ha arricchito il significato del suo lavoro.