Ripercorriamo la carriera di Goffredo Fofi, un punto di riferimento nel mondo del cinema e della cultura.
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Goffredo Fofi, scomparso all’età di 88 anni, è stato una figura fondamentale nella critica cinematografica e nella cultura italiana. Il suo percorso professionale, che ha attraversato decenni di storia sociale e politica, lo ha visto impegnato in prima linea nella lotta per i diritti civili e nella promozione del cinema come forma d’arte e veicolo di cambiamento. Nato a Gubbio nel 1937, Fofi ha vissuto una vita ricca di esperienze che lo hanno reso un critico e un attivista di spicco, il cui impatto continua a risuonare nella cultura contemporanea.
Fofi si trasferisce in Sicilia da giovane, dove entra in contatto con le battaglie sociali guidate dal sociologo Danilo Dolci. Un’esperienza che ha segnato profondamente il suo modo di vedere il mondo e che ha influenzato la sua carriera. Ma la vera svolta arriva negli anni ’60, quando Fofi si trasferisce a Parigi, dove collabora con la rinomata rivista Positif. In questo ambiente stimolante, sviluppa il suo occhio critico e la sua passione per il cinema, un amore che lo accompagnerà per tutta la vita.
Nel 1967, il suo impegno nel settore si concretizza con la fondazione di “Ombre rosse”, una rivista cinematografica che diventa un faro per critici e cinefili. È in questo contesto che la sua carriera si intreccia con eventi storici come il ’68, in cui la sua visione critica della società e della cultura si manifesta attraverso i suoi scritti e le sue iniziative editoriali. Ma come ha vissuto Fofi quel periodo di fermento? Sicuramente ha avuto un ruolo attivo nel dibattito culturale, proponendo nuove prospettive e interrogativi.
Il rapporto di Fofi con il Sessantotto è complesso e sfaccettato. In un’epoca di fervente attivismo e cambiamento sociale, la sua posizione critica nei confronti di Pier Paolo Pasolini, a causa della visione pessimistica del boom economico espressa dal regista, ha suscitato dibattiti significativi. Non ha mai esitato a esprimere il suo dissenso, evidenziando come la cultura potesse e dovesse interrogarsi sulle contraddizioni di un’epoca in rapida evoluzione. Ma che cosa significa veramente interrogarsi attraverso l’arte? Per Fofi, il cinema era un mezzo per farlo.
La sua direzione della rivista “Lo straniero” dal 1997 al 2016 rappresenta un ulteriore passo nel suo percorso. Ispirata da Albert Camus, questa rivista riflette il suo pensiero sull’esistenza umana e le sfide sociali contemporanee, diventando un’importante piattaforma per il dibattito culturale. Non è solo un lavoro editoriale, ma un atto di impegno civile che invita i lettori a riflettere e partecipare.
Tra le opere più significative di Fofi si annoverano titoli come “L’immigrazione meridionale a Torino” e le sue analisi su Totò, che mettono in luce la sua versatilità come scrittore e critico. La sua capacità di osservare e analizzare la società attraverso il prisma del cinema e della letteratura ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama culturale italiano. Non ti sei mai chiesto come il cinema possa riflettere la nostra realtà? Fofi ha saputo farlo in modo straordinario.
Marco Bellocchio, regista con cui Fofi ha condiviso esperienze e visioni, lo ha ricordato come un critico brillante, capace di esprimere giudizi forti e controversi, ma anche di rivedere le proprie posizioni. Questa apertura mentale ha contraddistinto il suo approccio alla critica, rendendolo un pensatore libero e stimolante. In conclusione, Goffredo Fofi non è stato solo un critico cinematografico, ma un intellettuale che ha saputo coniugare arte e impegno civile. La sua eredità continua a ispirare le nuove generazioni, dimostrando che il cinema è molto più di intrattenimento: è un potente strumento di riflessione e cambiamento sociale.