Un viaggio sensoriale nel cinema di Bi Gan

Resurrection di Bi Gan offre un'esperienza visiva unica che sfida i confini del cinema.

Il cinema è un linguaggio che parla dritto al cuore, ma cosa succede quando questo linguaggio viene distorto dalla nostalgia e dalla ricerca di un passato che non può tornare? Questo interrogativo si fa strada nel film *Resurrection* di Bi Gan, dove la vita e i sogni si intrecciano in un racconto che attraversa il Novecento. Qui, i personaggi si muovono in un mondo in cui i sogni perduti si fanno realtà e il tempo stesso sembra piegarsi, come se fosse un riflesso in uno specchio d’acqua. Ma la vera domanda è: può il cinema, in tutta la sua magnificenza, risvegliare un’umanità che ha dimenticato come sognare?

Il tema centrale: vita e sogno

In *Resurrection*, il tema della vita e della morte si mescola con quello del sogno e della memoria. Bi Gan presenta un mondo in cui i personaggi sono intrappolati in una sorta di limbo, un limbo di esperienze passate e di desideri irrealizzati. Attraverso una serie di episodi, il film ci conduce in un viaggio che esplora i cinque sensi, ogni segmento dedicato a uno di essi, creando un’esperienza sensoriale immersiva. I personaggi, quasi fantasmi di un’umanità in cerca di risposte, ci mostrano come, senza sogni, la vita possa apparire vuota. Questo è il fulcro della narrazione: la ricerca di un senso in un mondo che sembra non avere più alcuna direzione.

Un viaggio attraverso il Novecento cinese

La narrazione di *Resurrection* non è lineare; piuttosto, è un mosaico di ricordi e visioni. Bi Gan ci invita a ripercorrere la storia del cinema cinese, dai primi film muti fino ai giorni nostri, toccando momenti iconici e simbolici. Ogni episodio non rappresenta solo un momento della vita dei personaggi, ma è anche un pezzo della storia collettiva dell’umanità. Eppure, c’è qualcosa di inquietante in questo viaggio: la sensazione che, nonostante il progresso, la società e il cinema stiano perdendo il loro potere di raccontare storie significative. Bi Gan, con il suo stile visivo unico, riesce a catturare l’essenza di questa trasformazione, mostrando come il cinema possa essere sia un mezzo di espressione che un’arte morente.

Stile e forma: un’arte in continua evoluzione

Ogni segmento di *Resurrection* è caratterizzato da una forma peculiare che riflette la trasformazione del cinema stesso. Dalla magia del muto, rappresentata attraverso una sorta di scatola magica che si apre nel tempo, all’epico piano sequenza che chiude il film, Bi Gan dimostra una maestria tecnica che è impossibile non ammirare. Tuttavia, non è solo la forma a colpire; è anche il contenuto, la scelta dei simboli e dei temi. La pioggia, la neve, la luce e il buio si fondono in un linguaggio visivo che parla di fragilità e bellezza. Personalmente, ricordo un momento in cui le immagini evocative di un semplice gesto quotidiano, come l’annegare in una pozzanghera, mi hanno fatto riflettere sulla transitorietà della vita.

Riflessioni e contraddizioni

Nonostante l’ammirevole capacità di Bi Gan di evocare emozioni attraverso il suo stile visivo, resta una sensazione di impotenza. Il film sembra oscillare tra la celebrazione del passato e un’inevitabile resa al presente. Come se, nonostante la bellezza delle immagini, il regista non riuscisse a liberarsi da una visione passatista del cinema. La questione che si pone è: *può un’arte così potente come il cinema davvero rivitalizzare l’umanità, o è destinata a essere un eco di ciò che è stato?* Questa domanda rimane sospesa, mentre i personaggi di *Resurrection* continuano a danzare tra sogno e realtà, tra vita e morte, in un ciclo che sembra non avere fine.

Il potere del cinema e la sua resilienza

Alla fine, ciò che emerge da *Resurrection* è la consapevolezza che il cinema, nonostante le sue sfide, ha ancora un ruolo cruciale da svolgere. È un mezzo che può risvegliare i sogni sopiti, riportando alla luce la bellezza della vita, anche nei momenti più oscuri. Come direbbe qualcuno, il cinema è la poesia di un mondo in continuo movimento. E, sebbene il film di Bi Gan possa sembrare un viaggio nostalgico, è anche una chiamata a riappropriarsi del potere delle immagini e delle storie. Perché, in fondo, è solo rimanendo in contatto con la vita che il cinema può continuare a parlare ai nostri cuori e alle nostre menti, sfidando il tempo e le trasformazioni del mondo.

Scritto da Staff

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