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Il licantropo reinventato
Il film Wolf Man di Leigh Whannell rappresenta una rivisitazione audace e innovativa del mito del licantropo, portando alla luce una nuova dimensione dell’orrore. In questo racconto, il protagonista Blake, interpretato da Christopher Abbott, affronta una metamorfosi che va oltre la semplice trasformazione fisica. La sua evoluzione in lupo è descritta come una malattia, un processo graduale e doloroso che riflette le sfide interiori e familiari che deve affrontare.
Una metamorfosi lenta e inquietante
La scelta di Whannell di rappresentare la licantropia come una sickness offre una prospettiva unica. La trasformazione di Blake non è immediata; è un viaggio che si snoda attraverso sintomi sempre più inquietanti. Dalla perdita di un dente alla comparsa di peli, ogni fase della metamorfosi è caratterizzata da un senso di angoscia e impotenza. Questo approccio riflette una realtà più profonda: la lotta contro le proprie inclinazioni oscure e la difficoltà di mantenere i legami familiari mentre si affronta un cambiamento devastante.
Il male interiore e il confronto familiare
Un altro aspetto distintivo di Wolf Man è la sua esplorazione del male come entità interna. La frase di Lily-Rose Depp nel recente Nosferatu di Eggers, “Does Evil come from within us or from beyond?”, risuona profondamente in questo contesto. Whannell suggerisce che il vero orrore non proviene da forze esterne, ma è radicato dentro di noi. La relazione di Blake con la sua famiglia, in particolare con la figlia, diventa un campo di battaglia emotivo, dove la paura di perdere la propria umanità si scontra con il desiderio di proteggere i propri cari. La domanda centrale è: fino a che punto possiamo rimanere noi stessi prima di cedere alla nostra natura bestiale?
Un nuovo orizzonte per l’horror
In un’epoca in cui l’horror sta evolvendo, Wolf Man si inserisce in un filone di opere che riflettono le ansie contemporanee. Dopo gli eventi traumatici del post-Undici Settembre, il genere ha visto un cambiamento significativo: il male non è più un’entità esterna, ma una forza che si annida dentro di noi. Questo rovesciamento di significato offre una nuova chiave di lettura per il pubblico, invitandolo a riflettere sulle proprie paure e sulle dinamiche familiari. La figura del licantropo, quindi, diventa simbolo di una lotta interiore, un monito che ci ricorda che il vero orrore può risiedere nei recessi più oscuri della nostra anima.