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Immaginate di essere a Cannes, nel cuore pulsante del cinema, dove le emozioni si intrecciano come le onde del mare. Qui, Julia Ducournau, il cui nome è già sinonimo di audacia e innovazione, presenta il suo nuovo progetto, Alpha. Tre anni dopo il trionfo di Titane, la regista torna con un film che promette di scuotere le coscienze e far riflettere non solo sul cinema, ma sul nostro modo di vivere e affrontare le relazioni interpersonali.
Un viaggio tra dolore e guarigione
Alpha si presenta come una tempesta emotiva e sociale, un’opera che si addentra nel dolore intergenerazionale e nella possibilità di guarigione attraverso l’amore. Ducournau lo descrive come “una tempesta: emotiva, familiare, sociale”, e non potremmo trovare descrizione più azzeccata. Il film racconta la storia di una famiglia le cui ferite passate continuano a influenzare il presente, creando un ciclo di sofferenza che sembra inarrestabile. Ricordo quando, durante la conferenza stampa, la regista ha affermato che solo nell’accettazione e nel lasciar andare si può trovare una via d’uscita. Parole che risuonano come un mantra per molti di noi.
Al centro della narrazione ci sono un fratello e una sorella, legati da un amore profondo ma anche da fragilità e traumi irrisolti. Ducournau esplora come il dolore, se non affrontato, diventi un tabù, sedimentandosi e trasmettendosi di generazione in generazione. Questa esplorazione non è solo personale, ma diventa un riflesso della nostra società contemporanea, dominata dalla paura e dall’incapacità di elaborare collettivamente i traumi. “Viviamo in un ciclo spaventoso”, ha aggiunto la regista, mettendo in luce una realtà che molti di noi sentono sulla propria pelle.
Un’estetica visiva potente
La regia di Ducournau non è solo una questione di trama, ma anche di estetica. Il film gioca su un doppio registro visivo, alternando flashback saturi e caldi a toni bianchi e blu acidi del presente. Questa scelta stilistica non è casuale; racconta in modo visivo la frattura tra passato e presente, un contrasto che si riflette anche nel modo in cui il contatto umano è rappresentato. Durante la conferenza, Ducournau ha parlato del dialogo con il direttore della fotografia per ricreare un’atmosfera nostalgica, simile ai ricordi delle fotocamere usa e getta degli anni ’90. Questa ricerca di nostalgia ha un significato profondo: rappresenta una società unita dalla paura, eppure afflitta da una fragilità che la rende vulnerabile.
La colonna sonora come esperienza sensoriale
Un altro elemento che rende Alpha un’esperienza unica è la colonna sonora. Il sound designer Séverin Favriot ha collaborato con Ducournau per costruire un paesaggio sonoro che ci trasporta nella mente di Alpha, la protagonista. Tutto è pensato per essere percepito dall’interno del corpo, ogni suono, ogni vibrazione è un riflesso del suo stato d’animo. “Le basse frequenze chiudono i personaggi in una prigione sensoriale”, ha spiegato Favriot, sottolineando come il suono diventi un elemento narrativo in sé. E chi non ha mai sentito un brivido mentre ascolta un canto lontano? Questo è il potere del cinema.
Un cast straordinario e una preparazione meticolosa
Tahar Rahim, che interpreta Amin, lo zio di Alpha, ha raccontato la sua preparazione per il ruolo. La sua interpretazione è quella di un personaggio fragile, segnato dalla dipendenza, ma con una luce interiore che cerca di guidare la giovane protagonista. Rahim ha condiviso come ha trascorso tre mesi con un’associazione di tossicodipendenti per comprendere meglio il mondo del suo personaggio. La sua dedizione è palpabile; è come se avesse davvero vissuto nel suo mondo. “Amin è un angelo caduto”, ha affermato, e questa immagine poetica racchiude un’intera filosofia di vita.
D’altro canto, Melissa Boros, che interpreta Alpha, ha descritto l’adolescenza come un “disastro naturale”. Ed è così che molti di noi la percepiscono. Il suo personaggio è un concentrato di caos e potenza, un uragano di emozioni che la Ducournau riesce a estrarre con maestria. “Non mi ha mai lasciata sola”, ha affermato l’attrice parlando del supporto ricevuto dalla regista. Questo legame si riflette sullo schermo, rendendo la storia ancora più autentica.
Alpha non è solo un film, è un’esperienza che invita alla riflessione. La sua potenza sta nella capacità di affrontare temi complessi con sincerità e senza filtri, creando un ponte tra il cinema e la vita reale. Come spesso accade, il cinema riesce a raccontare ciò che a parole risulta difficile esprimere. E chissà, magari ci lascerà con una nuova consapevolezza su come affrontare i dolori che ci portiamo dentro. Già me lo immagino: una sala silenziosa, eppure carica di vibrazioni, mentre il film scorre e ognuno di noi è invitato a riflettere sulla propria vita.