Ballerina: un film che tradisce la mitologia di John Wick e delude i fan

Ballerina ci porta in un mondo di assassini e danza, dove il ghiaccio è più di un semplice paesaggio.

È un brutto periodo per i fan di John Wick, eppure eccoci qui, a confrontarci con Ballerina, un film che sembra volersi distaccare dalla mitologia che ha reso grande il franchise. Ma chi ha bisogno di un’origine così ben delineata? Wiseman, con la sua ossessione per le storie al femminile, sembra volerci raccontare tutto di Eve, quasi avesse paura che il mistero non bastasse a reggere il film. Ma, davvero, serve una storia così lineare quando il fascino del mondo di Baba Yaga è sempre stato l’ignoto?

Il problema dell’incipit

La prima parte di Ballerina è un vero e proprio tuffo nella banalità. Ci si aspetterebbe un’apertura frizzante, ma ci ritroviamo a seguire un racconto che sa di déjà vu. Wiseman, noto per il suo lavoro sulle saghe al femminile, si è lasciato sfuggire l’occasione di innovare. Ricordate le astrazioni pazzesche di John Wick? Qui si torna indietro, come un vecchio disco graffiato. E allora, perché non dare libero sfogo alla fantasia, invece di affidarci a spiegazioni didascaliche? Già, perché.

La danza della vendetta

Ma nonostante i difetti, Ballerina mostra dei momenti di pura follia. La coreografia dei combattimenti è avvincente, e l’idea di utilizzare pattini da ghiaccio come armi è tanto ridicola quanto geniale. Queste trovate ridanno vita a un film che, altrimenti, sarebbe solo un’altra storia di vendetta. E i due mondi, quello della danza e quello dell’omicidio, si intrecciano in modo sorprendente. Ma forse, nel tentativo di stupire, si perde di vista l’essenza del personaggio di Eve: chi è realmente e cosa la muove?

Un villaggio di assassini

La vera rivelazione di Ballerina è Hallstatt, un villaggio austriaco che diventa il palcoscenico perfetto per una storia di morte e ghiaccio. Qui, ogni abitante è un killer, e la facciata innocente si trasforma in un campo di battaglia. È un’idea audace, quella di ambientare il film in un luogo dove nessuno può essere fidato. La lotta finale, con i piatti rotti e il lancio di fiamme, è un tripudio di creatività e ironia. Ma, attenzione, non si può ignorare come il film tratti temi delicati: i bambini addestrati a uccidere riflettono una realtà inquietante.

Conclusioni e domande senza risposta

Quando Keanu Reeves, nel suo personaggio iconico, viene interpellato su come uscire da questa spirale di violenza, la sua risposta è agghiacciante: “ci sto lavorando…”. E noi, spettatori, ci troviamo a chiederci: vale davvero la pena perdersi in un gioco di vendetta e sangue? Oppure, a questo punto, è meglio abbandonare tutto e lasciarci trasportare dal freddo ghiacciato di Hallstatt? La risposta rimane aperta, come i destini dei suoi abitanti. E mentre il film si chiude, ci lascia con un senso di inquietudine e una domanda: chi sarà il prossimo a cadere nella danza della morte?

Scritto da Staff

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