Il cinema come riflessione sulla storia e l’identità culturale

Un viaggio attraverso il film 'Todos los males' e il suo significato profondo

Il debutto cinematografico di Simone Derai

Il regista Simone Derai, noto per il suo lavoro con la compagnia teatrale Anagoor, ha recentemente fatto il suo debutto nel mondo del cinema con il film Todos los males. Questo progetto, che si colloca a metà strada tra il teatro e la docufiction, affronta il tema del genocidio perpetrato dai conquistadores contro le popolazioni indigene del Sud America nel Settecento. La pellicola è stata presentata in un incontro presso Sentieri Selvaggi, dove Derai ha condiviso le sue riflessioni e il processo creativo che ha portato alla realizzazione del film.

Un’opera ibrida e il suo significato

Todos los males è nato inizialmente come una commissione per accompagnare una rappresentazione teatrale, ma ha rapidamente guadagnato attenzione e riconoscimento, trovando spazio in festival e installazioni museali. Derai ha descritto il progetto come una “dichiarazione di fallimento progressiva”, evidenziando come molte idee siano state abbandonate per questioni tecniche. Tuttavia, ciò che lo ha colpito di più è stato l’incontro con la comunità cilena e peruviana veneta, che ha influenzato profondamente il suo lavoro. Le danze che aprono e chiudono il film sono frutto di questo scambio culturale, un esempio di come il cinema possa diventare un ponte tra diverse tradizioni e storie.

Il linguaggio visivo e l’eredità teatrale

Il film si distingue per la sua messa in scena, che Derai descrive come una traduzione della “macchina scenica barocca”. Questa eredità teatrale si riflette nella struttura visiva del film, dove il teatro non si nasconde, ma si mostra in tutta la sua architettura. Derai esplora anche il significato delle tinture utilizzate dagli indigeni, confrontando le sue rappresentazioni con le tradizioni teatrali passate. In Todos los males, il regista ha scelto di accogliere l’errore, riflettendo su come le rappresentazioni storiche siano spesso influenzate da pregiudizi e stereotipi.

Il labirinto della storia e il futuro del cinema

Il film si chiude con un labirinto, simbolo della complessità della storia e delle identità culturali. Derai fa riferimento a opere cinematografiche precedenti, come Orlando di Sally Potter, per illustrare come le figure femminili possano attraversare i secoli, portando con sé le loro storie e le loro esperienze. In un’epoca in cui il cinema è spesso visto come un’estensione del teatro, Derai sostiene che il cinema deve trovare la sua voce unica, un mosaico di arti che riflette la diversità delle esperienze umane. Guardando al futuro, il regista ha in mente nuovi progetti, tra cui un adattamento dell’opera teatrale Il martirio di San Sebastiano, che potrebbe rinascere per affrontare temi di grande attualità.

Scritto da Redazione Cineverse

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