Il festival di Cannes e il ricordo di Fátima Hassouna

Il Festival di Cannes 2025 ricorda Fátima Hassouna, fotoreporter palestinese uccisa, con un tributo commovente.

Il Festival di Cannes 2025 si apre con un’atmosfera di profonda emozione, segnata dal ricordo della giovane fotoreporter palestinese Fátima Hassouna. La venticinquenne avrebbe dovuto presentare il suo documentario che racconta l’orrore di Gaza, ma la sua vita è stata tragicamente spezzata il 16 aprile scorso da un missile israeliano che ha colpito la sua casa, uccidendola insieme a dieci membri della sua famiglia. In questo contesto, il festival si fa portavoce di una realtà dolorosa e spesso ignorata, sottolineando l’importanza dell’arte come testimone di vite e sogni perduti.

La commemorazione di Fátima Hassouna

Juliette Binoche, presidentessa di giuria, ha aperto il festival con parole cariche di significato: “L’arte resta. È la potente testimonianza della nostra vita, dei nostri sogni”. Queste parole risuonano come un invito a riflettere su ciò che l’arte può rappresentare, non solo come forma di espressione, ma anche come mezzo per rendere visibile l’invisibile, come nel caso di Fátima. Binoche ha dedicato il suo discorso non solo alla giovane fotoreporter, ma a tutte le vittime dimenticate dei conflitti, evidenziando come “i demoni delle nostre barbarie non ci danno tregua”. L’arte, quindi, diventa un atto di resistenza e una forma di giustizia.

Un film che racconta una storia

Fátima si era laureata in multimedia all’University College di Scienze Applicate di Gaza, e aveva collaborato con la regista iraniana Sepideh Farsi per il documentario “Put Your Soul on Your Hand and Walk”. Questo progetto, nato dalla volontà di Farsi di raccontare la vita a Gaza nonostante le difficoltà, si è trasformato in un viaggio condiviso tra due donne che, tramite videochiamate e scambi di idee, hanno costruito un legame profondo. “Cercavo una risposta a una domanda semplice e complessa: come vivono le persone sotto le bombe?”, racconta Farsi, sottolineando l’urgenza di narrare storie che spesso non trovano spazio nei media tradizionali.

Il contesto drammatico

Il documentario di Fátima, che sarà presentato in anteprima mondiale nella sezione ACID, rappresenta un potente atto di testimonianza. In esso, le immagini non mostrano solo le devastazioni della guerra, ma anche la resilienza delle famiglie sfollate e i momenti intimi di vita quotidiana, catturati in videochiamate tra le due donne. “Fátima era felicissima all’idea di venire a Cannes”, ricorda Farsi, “ma era chiaro: ‘Vengo solo se posso tornare a Gaza’. La sua determinazione a non abbandonare la sua terra è una testimonianza del suo amore per la sua patria e della sua volontà di vivere libera, lontana dall’occupazione.”

Le reazioni e le testimonianze

La morte di Fátima ha scosso non solo il mondo del cinema, ma anche quello dell’informazione. Oltre 380 personalità dell’audiovisivo, tra cui nomi illustri come Ralph Fiennes e Richard Gere, hanno firmato una lettera aperta per denunciare la situazione a Gaza e l’uccisione di giornalisti. Le Forze di Difesa Israeliane, in risposta, hanno dichiarato che l’obiettivo dell’attacco era un presunto terrorista, ma molti, tra cui Farsi, hanno ribattuto: “La verità è che hanno ucciso un’altra fotografa che documentava il genocidio”. Un’accusa pesante, che mette in luce la lotta tra narrazione e realtà, tra verità e propaganda.

Un festival che fa riflettere

Questo Festival di Cannes non è solo un evento di celebrazione del cinema, ma diventa anche un momento di riflessione profonda sulle atrocità del mondo contemporaneo. La presenza di film come quello di Fátima ricorda a tutti noi che dietro ogni immagine c’è una storia, un dolore, una vita. Ci invita a considerare il potere del cinema non solo come intrattenimento, ma come strumento di cambiamento e consapevolezza. È un richiamo a non dimenticare, a non voltare lo sguardo, a impegnarsi affinché le storie di chi soffre possano essere raccontate e ascoltate.

Fátima Hassouna, anche se assente, è presente in spirito attraverso il suo lavoro e il suo coraggio. La sua storia è un monito per tutti noi: l’arte può e deve essere un faro di speranza e verità in tempi bui. E noi, come spettatori, abbiamo il potere di abbracciare queste storie e farle vivere.

Scritto da Staff

Christopher McQuarrie e Tom Cruise illuminano Cannes con Mission: Impossible

L’infinito: un autoritratto tra narcisismo e ribellione