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Ci sono momenti in cui la vita appare come un brutto sogno, come un incubo dal quale non ci si può svegliare. E il film ‘My Dead Friend Zoe’ è proprio questo: un viaggio attraverso il dolore e il trauma che attanagliano i veterani di guerra. Non si tratta di un’epopea gloriosa, ma di un racconto crudo e reale, che mette a nudo le ferite invisibili di chi ha combattuto, spesso dimenticato da una società indifferente. E mentre il regista Kyle Hausmann-Stokes si avventura in questo territorio minato, la domanda sorge spontanea: chi ha il coraggio di affrontare il dolore altrui, quando il proprio è già così insopportabile?
Un racconto di guerra e solitudine
La vicenda si centra attorno a Merit Charles, interpretata da Sonequa Martin-Green, una meccanica dell’esercito che ritorna dalla guerra in Afghanistan con un carico di sensi di colpa che le pesa come un macigno. Non è solo il passato a tormentarla; è il presente, fatto di terapie in cui il Dr. Cole, impersonato da Morgan Freeman, cerca di salvarla mentre la vita sembra scivolarle via. E il nonno, Dale, un ex tenente colonnello, afflitto dall’Alzheimer, diventa una ulteriore fonte di angoscia. Ma chi ha voglia di affrontare il dramma di un veterano quando tutto ciò che si desidera è scappare, nascondersi in un angolo e dimenticare?
Un mix di dramma e commedia
Stranamente, la pellicola riesce a mescolare momenti di profonda tristezza con tocchi di umorismo, creando una sorta di dramedy che non si prende mai troppo sul serio. E allora, come si fa a ridere del dolore? Forse è proprio qui che sta la genialità del film: nel riuscire a vedere la luce anche nell’oscurità più profonda. Zoe, l’amica di Merit, diventa la figura che incarna questo equilibrio instabile. È il dolore che osserva e commenta, la presenza che, in mezzo alla tragedia, riesce a strappare un sorriso. E così, tra un pianto e una risata, si sviluppa un racconto che sfida la logica della sofferenza.
La critica alla società
Hausmann-Stokes non si limita a raccontare la storia di un veterano; egli lancia un affondo diretto alla società, che si gira dall’altra parte di fronte a chi ha sacrificato tanto. La domanda che aleggia nell’aria è: chi si preoccupa davvero di chi ha combattuto? Merit vive in un mondo dove le guerre vengono dimenticate, e chi le ha vissute è una sorta di paria, costretto a convivere con colpe inconfessabili. E mentre si rincorrono le immagini di un passato che non può essere cambiato, ci si interroga: quanto è facile dimenticare?
Un film che invita alla riflessione
In conclusione, ‘My Dead Friend Zoe’ si presenta come un’opera che non cerca il grande momento, ma piuttosto si sofferma sui dettagli, sulle piccole sfumature della vita. La performance di Ed Harris è un faro in questo mare di tristezza, capace di risollevare una narrazione che, altrimenti, rischierebbe di affondare nel dramma. La domanda rimane: siamo pronti a confrontarci con il dolore altrui, o preferiamo ignorarlo, sperando che svanisca come un brutto sogno? E, infine, è possibile trovare un senso in tutto questo?