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La magia del cinema di Wes Anderson ha sempre avuto un suo linguaggio, ma nel suo ultimo lavoro, *The Phoenician Scheme*, c’è qualcosa di diverso. Un cambiamento che si percepisce fin dalle prime inquadrature, dove l’illusionismo del regista sembra volerci portare in un viaggio tra le pieghe di storie e mondi inattesi. C’è chi sostiene che il suo stile sia ormai un marchio di fabbrica, eppure in questo film sembra che Anderson tenti di scardinare le sue stesse regole, come se volesse dimostrarci che c’è sempre spazio per l’imprevisto.
Un viaggio che rompe le geometrie
Fin dal primo secondo, *The Phoenician Scheme* si presenta come un’opera che fa da contraltare al suo predecessore, *Asteroid City*. In quest’ultimo, la forma sembrava soffocare la storia, ma qui, con audacia, Anderson introduce elementi di un disaster-movie, anche se in modo sottile, quasi come un sussurro. La narrazione si snoda con una freschezza inaspettata, portando i personaggi a muoversi in uno spazio che si evolve costantemente. La scelta di ambientare la storia negli anni ’50 rimanda a una dimensione nostalgica, ma non è solo un esercizio di stile: è un tentativo di rinnovamento.
Colori e atmosfere: una nuova dimensione
Uno degli aspetti più sorprendenti di questo film è l’uso del colore. Se nei lavori precedenti di Anderson i toni erano sempre ben definiti, quasi pittorici, qui assistiamo a un’esplosione di colori che rimandano a un noir allucinato. La luce gioca un ruolo da protagonista, quasi come se fosse un personaggio a sé stante, capace di cambiare le atmosfere e le emozioni. Ricordo quando ho visto quella scena in cui il protagonista si muove all’interno di un corridoio lungo e oscuro: è stata un’esperienza visiva che mi ha ricordato le opere di Tim Burton, con un senso di meraviglia e inquietudine che si mescolavano. La fusione di stili è palpabile, eppure non sembra forzata; anzi, sembra una naturale evoluzione del suo mondo narrativo.
I personaggi e le loro relazioni
Ma chi sono i protagonisti di questa storia? *The Phoenician Scheme* ci presenta “Zsa-Zsa” Korda, un uomo d’affari dall’aria potente e inquietante, interpretato da Benicio Del Toro. La sua relazione conflittuale con la figlia Liesl, interpretata dalla talentuosa Mia Threapleton, è uno dei fulcri emotivi del film. Un conflitto che si snoda attorno a temi di potere, aspettative e desideri non espressi. Ma non è solo un dramma familiare; è anche una spy-story avvincente, dove i personaggi si muovono come pedine su una scacchiera di intrighi e colpi di scena. A proposito di intrighi, chi si aspettava di vedere Michael Cera in un film di Anderson? La sua apparizione è come un cameo di un vecchio amico, che riesce a lasciare un segno anche in pochi minuti di scena.
Un cast stellare e le sue dinamiche
La presenza di star come Willem Dafoe, Tom Hanks e Bill Murray, sebbene in ruoli minori, sottolinea il fascino di un film che è, a suo modo, una celebrazione del cinema stesso. Ogni faccia familiare che compare sullo schermo porta con sé un bagaglio di aspettative, ma è nelle performance più costruite, come quelle di Mathieu Amalric e Scarlett Johansson, che si riesce a scorgere un vero e proprio dialogo tra il passato e il presente di Anderson. È come se questi attori, con la loro esperienza, volessero dire: “Siamo qui per supportarti nel tuo viaggio”. Eppure, c’è sempre la sensazione che Anderson sia un passo avanti a tutti, pronto a prendere strade nuove.
Un’illusione in continua evoluzione
La struttura narrativa di *The Phoenician Scheme* è intrigante. Con i suoi cinque ‘gap status’ e altrettante ‘shoe boxes’, ogni elemento del film sembra un puzzle che invita lo spettatore a partecipare attivamente. Questo approccio ricorda un po’ il modo in cui Anderson aveva esplorato l’India in *Il treno per il Darjeeling*, ma qui il tutto è amplificato dalla complessità delle relazioni e dall’illusione che permea ogni scena. La macchina da presa si ferma su dettagli che raccontano più di mille parole. Anche se non raggiunge sempre gli apici dei suoi lavori precedenti, c’è una sensazione di rinnovamento, di esplorazione di nuovi orizzonti.
Un finale aperto e intrigante
In chiusura, *The Phoenician Scheme* non offre risposte definitive. Anzi, lascia gli spettatori con un mix di curiosità e meraviglia. Personalmente, mi è piaciuto come il film riesca a mantenere una certa ambiguità, quasi come se Anderson stesse dicendo: “Guardate, il cinema è un viaggio, non una destinazione”. La sua capacità di farci riflettere sulle nostre aspettative e sulle storie che scegliamo di raccontare è ciò che rende questo film così speciale. In un mondo dove tutto sembra già visto, Wes Anderson continua a sorprenderci, e, chissà, magari ci porterà ancora una volta in un viaggio che sfida le leggi della narrazione. E sebbene *The Phoenician Scheme* rimanga ancorato a certi schemi, ci mostra che c’è sempre spazio per l’innovazione e l’immaginazione.