Il premio alla carriera che fa discutere

Nel bel mezzo di un'industria cinematografica in crisi, dove i talenti sembrano estinguersi come fiamme in un uragano, ecco che riemerge, come un fantasma sc...

Nel bel mezzo di un’industria cinematografica in crisi, dove i talenti sembrano estinguersi come fiamme in un uragano, ecco che riemerge, come un fantasma scomodo, Kim Novak. La diva che ha dominato gli schermi negli anni ’50 e ’60, protagonista di capolavori come “La donna che visse due volte”, si prepara a ricevere un premio alla carriera alla 82ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Ma chi se ne frega di riconoscimenti se il mondo del cinema è ridotto a un circo di mediocrità e sequel senza senso?

Il premio alla carriera che fa discutere

Sì, la Novak, quella che ha fatto sognare intere generazioni, sarà celebrata dal festival che, ironia della sorte, è diventato un palcoscenico per le star in declino. “Sono molto colpita”, ha dichiarato, come se dovesse convincere qualcuno della sua importanza. Ma davvero? L’attrice, ora 92enne, sembra un po’ come un pezzo da museo: bella da vedere, ma poco utile in un’epoca che corre verso il digitale, il low-cost e la superficialità. Eppure, la sua carriera è stata costellata di successi e insuccessi; non sempre la critica l’ha abbracciata, ma adesso, come un vino invecchiato, sembra aver trovato la sua giusta collocazione.

Un passato da diva e una vita da ribelle

Kim Novak non è mai stata una semplice attrice, ma una vera e propria provocatrice nel suo tempo. Che ci crediate o no, ha rifiutato il suo nome di battesimo, Marilyn Pauline, per non essere associata alla Monroe, e ha avuto il coraggio di tingersi i capelli biondo platino. Parole del direttore Alberto Barbera la descrivono come “una diva senza volerlo”, ma io mi chiedo: è possibile essere una diva senza il dramma che la accompagna? La Novak non ha mai smesso di criticare l’industria che l’ha forgiata, creando la sua casa di produzione e lottando per stipendi equi. Ma tutto questo, a che prezzo? E ora, ricevendo un Leone d’Oro, che messaggio invia alle nuove generazioni?

Rivalutazione tardiva o giusta merce di scambio?

Il mondo del cinema ha sempre avuto la brutta abitudine di rivalutare artisti solo quando questi sono in fase di pensionamento. Kim Novak ha ottenuto riconoscimenti a Toronto, Praga e Cannes, ma cosa ne è stato del suo talento quando era in auge? Si è mai chiesto qualcuno se i suoi film fossero stati apprezzati per ciò che realmente erano o per il clamore che li circondava? E ora, con l’industria cinematografica in caduta libera, il Leone d’Oro non è solo un premio, ma un tentativo disperato di riaccendere l’interesse verso il passato.

Un’icona che si ritira nel silenzio

Dopo anni di ribellione e di lotta, Kim Novak ha deciso di ritirarsi in un ranch nell’Oregon per dedicarsi alla pittura e ai cavalli. E chi la biasima? In un’epoca in cui le star devono continuamente reinventarsi per non essere dimenticate, il suo ritiro è quasi un atto di coraggio. Ma la vera domanda è: il mondo del cinema è pronto a lasciarla andare? O continuerà a rimpiangere il suo passato, mentre le nuove generazioni non sanno nemmeno chi sia?

Il Leone d’Oro alla carriera è un gesto nobile, certo, ma non nasconde la verità: l’industria è in crisi e ha bisogno di figure iconiche per mascherare la sua mediocrità. E mentre Kim Novak riceverà il suo premio, il resto del mondo continuerà a girare come un criceto su una ruota, incapace di uscire dalla sua spirale di banalità. Ma chi se ne frega, no?

Scritto da Staff

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