Ken Loach e Paul Laverty al Festival di Cannes: un appello contro il genocidio

Ken Loach e Paul Laverty si schierano contro il genocidio a Gaza al Festival di Cannes 2025, evidenziando la tragedia della guerra.

Il Festival di Cannes, da sempre palcoscenico di opere cinematografiche di grande impatto, è diventato quest’anno anche un luogo di denuncia. Ken Loach e Paul Laverty, due giganti del cinema britannico, hanno scelto di utilizzare questa vetrina per esprimere la loro condanna nei confronti dei crimini perpetrati da Israele ai danni dei palestinesi. La loro lettera aperta, scritta in occasione della presentazione del film “Put Your Soul on Your Hand and Walk” della regista iraniana Sepideh Farsi, ha colpito nel segno, richiamando l’attenzione su una tragedia che dura da troppo tempo.

Un messaggio chiaro e forte

Nella lettera, Loach e Laverty non si sono limitati a una semplice critica, ma hanno denunciato apertamente lo sterminio in atto a Gaza e la morte di numerosi giornalisti, come Fatima Hassouna, una fotoreporter uccisa dai bombardamenti. “Almeno tre organismi dell’ONU hanno descritto le azioni di Israele a Gaza come un genocidio”, scrivono i due cineasti, un’affermazione che sottolinea la gravità della situazione. Eppure, la condanna non si ferma qui. I due artisti puntano il dito anche contro la complicità dei governi, che sembrano restare inerti di fronte a un massacro in corso.

La responsabilità dei governi

Un aspetto cruciale della lettera è l’appello rivolto ai politici. I cineasti evidenziano che l'”inerzia” di chi ha il potere di intervenire equivale a complicità. Ma come si può giustificare un simile silenzio? “Quante altre bombe da 2.000 libbre cadranno sulle tende prima dell’udienza del 2026?” si chiedono, lasciando il lettore con un senso di urgenza e impotenza. La lettera diventa così non solo un grido di dolore, ma anche un invito all’azione, per non permettere che il genocidio continui sotto gli occhi del mondo.

Il potere del cinema come veicolo di cambiamento

Il Festival di Cannes ha una lunga storia di cinema che ha smosso le coscienze e ha portato alla ribalta questioni sociali cruciali. Loach e Laverty, in questo contesto, si sono proposti di utilizzare il loro status per sensibilizzare il pubblico. “Se non fermiamo subito il genocidio, la versione israeliana della riviera di Gaza sarà costruita sulle macerie e sui morti”, avvertono, evidenziando il ruolo del cinema non solo come forma d’arte, ma come strumento di denuncia e cambiamento sociale.

Un appello universale

La lettera è rivolta a tutti, senza distinzioni. È una chiamata a svegliarsi, a non voltare le spalle alla sofferenza umana. Ricordo quando, molti anni fa, assistetti a una proiezione di un film che cambiò la mia prospettiva su un conflitto che conoscevo solo superficialmente. Quel film, come questo, non si limitava a raccontare una storia, ma a far riflettere, a smuovere le coscienze. Loach e Laverty, con la loro posizione chiara, si uniscono a una lunga tradizione di cineasti che non hanno paura di affrontare temi scomodi.

Conclusioni inaspettate

In un mondo dove l’informazione è spesso manipolata e dove le verità scomode vengono messe a tacere, l’arte può fungere da faro di speranza. Ma possiamo davvero fidarci solo dell’arte? Non è tempo di agire? La domanda rimane aperta, e il messaggio lanciato da Cannes ci invita a riflettere e, soprattutto, a non rimanere in silenzio di fronte all’ingiustizia. Personalmente, credo che ogni voce conti e che ogni gesto, anche il più piccolo, possa contribuire a un cambiamento. D’altronde, come si suol dire, “un viaggio di mille miglia inizia con un passo”. E ora, più che mai, è il momento di fare quel passo.

Scritto da Staff

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