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Il nuovo film Predator: Badlands, diretto da Dan Trachtenberg, segna un’evoluzione significativa nella saga dedicata ai Yautja, i temuti cacciatori alieni. Nonostante l’eredità di violenza e tensione che ha caratterizzato il franchise dal 1987, questa nuova incarnazione si distacca dalle tradizionali dinamiche, introducendo un protagonista che suscita simpatia e comprensione.
Accolto inizialmente con scetticismo a causa dell’acquisizione della Fox da parte della Disney, che ha sollevato timori su un possibile addomesticamento della saga, Predator: Badlands riesce a mantenere intatta l’essenza del personaggio, pur presentando un tono più accessibile e avventuroso.
Il protagonista in una nuova luce
La trama ruota attorno a Dek, un giovane Yautja, che si trova a dover affrontare le pressioni del suo clan, dove la compassione è vista come una debolezza inaccettabile. Dek è considerato un outsider e, per dimostrare il suo valore, intraprende una missione per catturare un kalisk, una delle creature più letali dell’universo. Questo viaggio si trasforma in una lotta non solo per la sopravvivenza, ma anche per la sua identità.
Il conflitto interiore di Dek
La morte del fratello, avvenuta durante una precedente caccia, grava pesantemente su Dek, rendendo la sua avventura ancora più complessa. La sua vulnerabilità emotiva lo distingue nettamente da altri Yautja, che vedono in lui un simbolo di debolezza. In un contesto in cui la brutalità è la norma, Dek deve superare le sue paure e dimostrare di essere un vero cacciatore.
Un’alleanza inaspettata
Durante la sua missione, Dek incontra Thia, un sintetico della Weyland-Yutani, che è stata abbandonata su un pianeta ostile. Thia, pur essendo un’androide, possiede una profonda intelligenza e astuzia, e insieme formano un’inusuale coppia, passando da una iniziale diffidenza a una sincera collaborazione. Questa dinamica crea un buddy-movie che esplora temi di amicizia e accettazione.
Il viaggio verso la scoperta di sé
Thia ha un obiettivo personale: riunirsi con la sua gemella, Tessa, un legame che la rende più umana di quanto sembra. La loro interazione non solo aiuta Dek a comprendere il significato della sua esistenza, ma dimostra anche come le differenze possano diventare punti di forza in un contesto avverso. L’alleanza tra un Yautja e un sintetico rappresenta una rottura con le tradizionali narrazioni del franchise.
Un mix di avventura e introspezione
Nonostante la presenza di scene di azione intense e momenti cruenti che caratterizzano la saga, Predator: Badlands si distingue per la sua capacità di coniugare l’avventura con una profonda introspezione. Dan Trachtenberg riesce a trasmettere emozioni attraverso gli sguardi e le interazioni, dando vita a un racconto che va oltre il semplice intrattenimento.
Il film fa uso di ambientazioni suggestive su Genna, un pianeta ricco di insidie e creature mostruose, creando un’atmosfera di continua tensione. Ogni elemento visivo è pensato per immergere lo spettatore in un universo alieno, mantenendo intatta la tradizione visiva della serie, pur con un tocco di innovazione.
Riferimenti e auspici futuri
Trachtenberg ha saputo inserire nel film una serie di riferimenti ai precedenti capitoli del franchise, rendendo Predator: Badlands un’opera apprezzabile sia dai fan storici sia da chi si avvicina per la prima volta a questo universo. Con accenni a crossover passati, il film lascia aperte possibilità per sviluppi futuri, creando un ponte tra il passato e l’evoluzione della saga.
Predator: Badlands si presenta come un’opera audace, capace di rinnovare un brand consolidato. Pur mantenendo la sua essenza, il film propone una narrazione che esplora il lato umano di un personaggio iconico, invitando a riflettere su temi di accettazione e identità. Resta da vedere se questa nuova direzione saprà conquistare un pubblico più giovane, ma le premesse sono decisamente promettenti.