Priscilla di Sofia Coppola: un film delicato e imperfetto

Dal primo incontro al divorzio, Sofia Coppola racconta la storia di Priscilla Presley.

Con Priscilla, Sofia Coppola racconta la storia di Priscilla Presley, vissuta nella perenne ombra dell’ingombrantissima figura del marito. La regista di Marie Antoinette esplora il viaggio emotivo dell’ex signora Presley, dal momento in cui conosce Elvis a quello in cui se ne separa definitivamente. Nelle sale italiane dal 27 marzo.

Priscilla: trama

È il 1959 quando Priscilla Beaulieu (Cailee Spaeny) viene invitata a casa di Elvis Presley (Jacob Elordi), all’epoca di stanza nella città tedesca di Wiesbaden. La ragazza, appena quattordicenne, comincia così la relazione che cambierà per sempre la sua vita. Dal trasferimento a Graceland, al matrimonio, fino alla separazione, Coppola racconta il punto di vista di Priscilla all’interno del rapporto con Elvis.

Il viaggio emotivo di Priscilla Presley

Presentato in concorso all’ottantesima edizione del Festival del Cinema di Venezia, Priscilla esplora il punto di vista dell’ex signora Presley nella sua relazione con Elvis. La protagonista è interpretata da un’ottima Cailee Spaeny, che si è aggiudicata anche la Coppa Volpi per la migliore performance femminile al Lido. Sofia Coppola mette in scena il percorso di autodeterminazione di Priscilla, ponendo al culmine della storia la sua presa di coscienza e il conseguente abbandono del matrimonio con il re del rock. La regista mostra la relazione tossica tra i due e la chiara dipendenza emotiva della ragazza. La protagonista è intrappolata in un rapporto tra lusso, dolcezza, gelosia e limitazioni. Tuttavia, il suo processo di liberazione appare tutt’altro che graduale, troppo frettoloso. Nonostante Coppola veicoli il disagio esistenziale di Priscilla in maniera convincente, attraverso la delicata performance di Spaeny, il film appare quasi incompleto dal punto di vista del character development.

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La gabbia dorata

Priscilla risulta così in una metaforica collezione di tableaux vivants patinati, dato l’immobilismo cronico del personaggio principale. L’estetica di Sofia Coppola è immediatamente riconoscibile, fin dalla primissima inquadratura. Il primo frame potrebbe, infatti, condensare in una sola immagine l’intero film. La regista apre il suo lungometraggio con un close up dei curatissimi piedi della protagonista, che affondano in una moquette rosa cipria. Priscilla stessa si è adagiata per anni nel lusso della sua gabbia dorata, cullata da ogni agio e dall’affetto di una vera e propria leggenda vivente. Inevitabile è il parallelismo con gli altri film della regista, in particolare Marie Antoinette: entrambe le protagoniste vengono chiuse in una prigione scintillante di sfarzo e ricchezza in tenera età. L’analisi della solitudine femminile e del ruolo della donna nella società dell’epoca è il fil rouge della produzione cinematografica di Sofia Coppola. La fonte principale alla quale si affida per questo film è il memoir della stessa Priscilla, Elvis and me, uscito nel 1985 e scritto con Sandra Harmon. Prodotto dalla stessa Priscilla Presley, il lungometraggio cerca di non sbilanciarsi mai troppo e di raccontare il più oggettivamente possibile la storia della protagonista. Elvis rimane sempre sullo sfondo, anche se la sua presenza risulta comunque ingombrante. La sua musica non è mai presente, poiché il permesso per utilizzarla è stato negato a Coppola dai detentori dei diritti.

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Sofia Coppola porta sul grande schermo luci e ombre del rapporto fra Priscilla e il re del rock, spostando il focus sul punto di vista della donna. Tra sofferenza, amore, paillettes e solitudine, la regista mette in scena una Priscilla che si inserisce perfettamente nei temi e nell’estetica che caratterizzano i film di Coppola. Al cinema dal 27 marzo.

Scritto da Sofia Granata

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