May December, ovvero “De la morbosità della fama” 

Un film "quasi" esclusivamente al femminile e pienamente riuscito, senza se e senza quasi: la (nostra) recensione di May December, in sala dal 21 marzo

Signore e signori, Julianne Moore e Natalie Portman, sotto l’efficace, e mai così riuscita regia di nientemeno che Todd Haynes. Questo, in brevissimo, è May December, un film che esplora il lato oscuro dello showbiz cinematografico e televisivo, affondando i denti nella morbosità dello sguardo (che dilania, che divora, che schiavizza e riduce) e nell’oscurità che si nasconde dietro la fama (che isola, che estrapola, che inginocchia, che rinchiude).

Il film è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes ed è stato elogiato per le performance di Moore e Portman.

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May December, ovvero “Della morbosità della fama”: la nostra recensione del film

Riunendo sotto uno stesso titolo umbratile, che alla stregua di un ampio cappello abbracci e protegga entrambi i temi e i significati di questo film, potremmo dire così: May December, ovvero “De la morbosità della fama“. Sì, perché a ben guardare, come vi ho già anticipato, con questo film Haynes vuole dirci due cose.

Primo, fate attenzione al potere dello sguardo, esso sa essere morboso. Del resto, dovreste saperlo bene voi moderni che vivete solo coi vostri occhi, voi contemporanei che giorno dopo giorno, e per svariate ore al giorno, piegate sommessamente il vostro collo e vi immergete in un mondo di immagini solo per vedere cosa fanno gli altri, solo per constatare cosa non state facendo voi. Fate attenzione, ancora, voi che vi immolate davanti allo sguardo altrui, che vi esponete tronfi e desiderosi al giudizio degli occhi degli altri, animati dal desiderio di riconoscervi in essi, di riscoprirvi migliori di quanto voi stessi non vi vediate. Il risultato, infatti, è sempre lo stesso: corruzione e schiavitù. Non si scappa.

Secondo, è proprio la fama a innescare il meccanismo, è la fama ha viziarci, a infettarci. La morbosità dello sguardo, di fatto, è quindi la morbosità della fama, ciò che essa richiede, ciò che essa comporta. Zone d’ombra, oscurità difficili, se non impossibili da dissipare, solitudini, incomprensioni, separazioni. Fate attenzione, ripetuto come un mantra. Fate attenzione, ci dice Todd Haynes: la morbosità della fama può essere fuggita, è evitabile. Guardate il film, capitelo, e poi ne riparliamo.

May December, la cruda natura dell’essere umano

Il regista Todd Haynes, ispirandosi a registi come David Cronenberg e Roman Polanski, crea una narrazione cruda e senza censure che svela i meccanismi di manipolazione e ambiguità morale presenti nel mondo dello spettacolo.

Il film affonda i denti nella visceralità morbosa dello sguardo, mostrando come la celebrità possa comportare un voyeurismo malato e ossessivo. “May December”, per questo, è estremamente crudele, ci mostra la natura umana per quello che è, un ammasso egoico di desideri e di infamie, un coacervo di contraddizioni; contraddizioni che ritroviamo anche nella società contemporanea, come si evince in più scene del film. In generale, la domanda scomoda che nel suo intimo ogni spettatore è invitato a porsi è la seguente, la solita: quanto sei disposto a pagare per la fama?

Tutto ha un prezzo, specialmente qui, specialmente oggi. È questa, forse, la risposta cinica e realista che il regista vuole che scopriamo dentro di noi.

E allora paghiamo.

“May December”: la trama del film

Il film ci offre un viaggio intenso e coinvolgente nella psicologia dei personaggi, mettendo in luce le contraddizioni e i conflitti interiori che animano le loro vite. La trama, in questo senso, è incentrata quasi esclusivamente sulla relazione complessa tra Gracie e Joe, e ci porta a riflettere su tematiche profonde come il doppio, l’ambiguità morale e il trauma. Grazie alla straordinaria interpretazione di Natalie Portman nel ruolo di Elizabeth, lo spettatore viene trascinato in una storia avvincente che ci costringe ad affrontare la complessità dell’esistenza umana.

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Scritto da Guido Ferretti

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