Salomè, il film brasiliano al Sicilia Queer Festival, cerca la provocazione ma fallisce nel suo intento.
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Il lungometraggio brasiliano “Salomè”, presentato al 15° Sicilia Queer Film Festival, si propone di essere un’opera provocatoria, ma si rivela incapace di raggiungere tale obiettivo. La pellicola, pur avendo una premessa intrigante, è afflitta da una forma eccessivamente ordinata e patinata, rendendola, paradossalmente, innocua. La storia ruota attorno a Cecilia, una modella transessuale di successo, che torna a Recife per le vacanze di Natale, dove dovrà confrontarsi con il suo passato e le sue scelte.
Il nome “Salomè” evoca immediatamente una figura storica carica di simbolismo, legata a temi di seduzione e ribellione. Tuttavia, il film diretto da André Antônio non riesce a canalizzare questo potere evocativo. In un’epoca in cui la provocazione nel cinema sembra essersi affievolita, la pellicola si presenta come un tentativo timido di disturbare lo spettatore, senza mai affondare il colpo. Ci si chiede se ci sia ancora spazio per la sfida al pubblico, o se gli autori temano di oltrepassare il confine delle convenzioni.
La trama di “Salomè” è apparentemente semplice: Cecilia ritorna a casa, dove intraprende una relazione con un vecchio amico, João, e si imbatte in un mondo di droga e pericoli. Tuttavia, il racconto prende una piega delirante verso la fine, senza riserve sorprendenti. La scelta del regista di adottare uno stile manieristico, con ralenti e colori neon, si traduce in un’esperienza visiva che sembra più un esercizio di stile che un reale coinvolgimento emotivo.
La pellicola è caratterizzata da una fotografia colorata e da una colonna sonora enfatica, ma tutto ciò contribuisce a una sensazione di superficialità. I momenti di eccesso, che avrebbero potuto risultare efficaci, si rivelano invece stucchevoli. Il film oscilla tra elementi camp e trash, ma la sua estetica curata finisce per appiattire l’impatto emotivo. L’influenza di cineasti come Nicolas Winding Refn è evidente, ma, a differenza di quest’ultimo, il film manca di una visione incisiva e coraggiosa.
Un altro aspetto che suscita delusione è la rappresentazione dell’elemento sessuale. “Salomè” affronta pratiche considerate tabù, ma il risultato è un’assenza totale di erotismo. Le scene che dovrebbero essere provocatorie si trasformano in momenti di indifferenza. Il film, creato con l’intento di scioccare, non riesce a coinvolgere il pubblico, lasciando un sapore di già visto e di inadeguatezza.
In sintesi, “Salomè” è un film che aspira a essere audace, ma si perde nell’ordinario. La sua ambizione di provocazione è soffocata da una realizzazione impeccabile ma priva di anima. Gli spettatori si trovano a fronteggiare un’opera che, pur tentando di sfidare le convenzioni, finisce per rimanere nel limbo della banalità. La mancanza di coraggio nel rompere le regole del cinema contemporaneo rende questo lungometraggio un’esperienza poco memorabile.